ALICE
ALICE
Alice, 32 anni, lavora per un'agenzia pubblicitaria. Le piace cucinare, predilige una dieta a base di alimenti bio, vegani e cruelty free perché ci tiene alla salute ed è contraria alla carne e al pesce proveniente dagli allevamenti intensivi.
È circondata da amici che la pensano come lei, vive in una piccola smart home che ha progettato insieme allo zio architetto per migliorare la qualità della vita in casa.
Una sera Alice torna a casa un po’ prima del solito, aspetta Marco, il suo ragazzo, per cena. Deve prepararsi, fare la doccia e cambiarsi dopo una giornata di lavoro.
Per fortuna il suo è un appartamento domotico studiato nei dettagli che gestisce quasi in tutto e per tutto dallo smartphone.

Anche questa volta la tecnologia le viene in aiuto per non perdere tempo. L'app per la pentola a pressione le ha permesso di impostare e avviare dall'ufficio la cottura impostando la modalità e i tempi desiderati. Mentre si prepara, Marco la chiama per dirle che a causa di un’emergenza tarderà. Alice è dispiaciuta ma non se la prende, si apre la bottiglia di Nebbiolo e si prende un po’ di relax. Marco è un giovane medico che lavora al Pronto Soccorso, è comprensiva degli imprevisti e delle urgenze che possono capitare in ospedale.
Dopo aver assaggiato la torta di legumi, l'insalata mista e il dolce di mele con pinoli e uvette in pasta sfoglia, Alice e Marco notano con disappunto che frutta e verdura acquistate nel solito supermercato online non sanno di niente. Non è la prima volta che Alice fa questa considerazione e si rammarica di essere caduta di nuovo nella trappola per aver scelto prodotti esteticamente perfetti ma del tutto insapori.

È in quel momento che Alice ha un’idea. Perché non realizzare un proprio orto? Anziché spendere soldi e tempo nella ricerca di prodotti alimentari dalla dubbia provenienza e qualità, avrebbe potuto individuare un pezzo di terra per produrre personalmente frutta e verdura in grado di soddisfare palato, salute e creatività. Non solo: avrebbe potuto imparare a coltivare anche prodotti esotici e particolari.

Alice inizia così questa nuova avventura: navigando su google individua una serie di orti urbani sparsi in città, una realtà ormai consolidata nella maggior parte delle metropoli di tutto il mondo e di cui tanto ha sentito parlare. Individua così un piccolo spazio verde di proprietà comunale non lontano da casa dietro il pagamento di un affitto poco più che simbolico.
Alice è entusiasta: riscopre il valore della terra, si sente di fare qualcosa di utile per rendere la città più sostenibile e “green”, finalmente fa anche attività fisica all'aria aperta e impara a coltivare senza l'uso di sostanze chimiche e pesticidi.
L’entusiasmo prende il sopravvento. Appena riesce a ritagliarsi un po' di tempo dal lavoro, Alice corre nel suo nuovo orto. In pochi mesi diventa una perfetta urban farmer e coinvolge anche Marco e le sue amiche. Perché gli orti urbani fanno bene all'economia e alla società, tutelano della biodiversità agricola, riduzione della produzione di rifiuti.

Perché gli orti urbani fanno bene all'economia e alla società, tutelano della biodiversità agricola, riduzione della produzione di rifiuti.
Ma rappresentano anche la voglia di fare qualcosa per i problemi climatici, di combattere l'esclusione sociale e la solitudine tipica degli agglomerati urbani, o di spendere meno grazie a una filiera agroalimentare corta. A beneficio di tutti.
